sabato 10 maggio 2008

Arizona


Rieccomi qua, dopo 6 giorni meravigliosi passati in Arizona. In questo periodo non eccessivamente caldo ma con una umidità pari a zero, le mie labbra reagiscono fin da subito diventando cartonate da una arsura che mi accompagnerà per tutto il viaggio. Terra arida in cui la mia ritenzione idrica va alle stelle per via dell'effetto cammello. Bevendo circa 4 litri di acqua al giorno non ho mai fatto pipì più di 2 volte al giorno. Ma andiamo con ordine.
Primo giorno : arrivo a Phoenix dove mi aspetta Brian, che mi ospiterà per la notte. Dopo un pranzetto leggero a base di hamburger a Tempe (il clima è tanto secco che vaporizzano acqua nell'aria per aumentare l'umidità), mi fa fare un giro della città. Essenzialmente Phoenix fa proprio cagare, apparte qualche strano edificio che ho fotografato. Spicca soltanto Cooperstown, il ristorante di Alice Cooper dove le cameriere hanno gli occhi truccati come lui. Questo posto è pieno di oggetti appartenuti a musicisti famosi, fra cui una delle ennesime chitarre di Paul McCartney. Io mi chiedo, ok che suoni da una vita, ma quante cacchio di chitarre hai avuto che ovunque vado ce n'è una? Andiamo a prendere all'aeroporto Cadence, una donna sui 55 che a cena confesserà che per il suo compleanno si storce ogni volta di funghi allucinogeni che personalmente raccoglie, prepara e conserva in freezer. Dopo la cena a cui parteciperà anche Rob, il fidanzato di Brian (si, avete capito bene) si va a nanna che domani ci si alza presto.
Secondo giorno: doccia alle 3 e mezza del mattino con barba fatta per l'ultima volta. Vestizione e via, si va all'all'appuntamento da dove partirà questo evento di Couchsurfing, bellissima community presente in ogni parte del mondo. Parteciperemo a questo viaggio nel Gran Canyon in 45 persone (12 uomini e 33 donne, di ogni età dai 20 ai 60 anni). Sono in macchina per l'attacco del sentiero con Erika (che parla troppo e dà ordini) , Morgan e Moani, del North Carolina la prima e delle Hawai la seconda, ma vivono a Phoenix Di lavoro fanno le Firefighters negli incendi... stoppardi.
Arrivati al punto di partenza carichiamo i muli che ci porteranno la roba sul campo (e si capisce già che non sarà un campeggio a gavetta e fornelletto) e scendiamo nel gran canyon in una camminata
di circa 5 ore fra rocce rosse erose dal vento e acqua, e polvere... tanta polvere... non respiravo così tanta polvere dalla mia prima gioventù a giocare a calcio nel campetto di Creto. Durante la discesa si parla con gente essenzialmente sconosciuta, ma con cui senti di condividere qualcosa ed è facile fare amicizia con tutti. Ci sono americani da ogni dove, francesi, una brasiliana, una svizzera, ma come al solito l'Italian Stallion è sempre e solo uno... il Toretto internazionale. Si passa attraverso il villaggio indiano, che essenzialmente si basa sull'allevamento di cavalli e muli e il trasporto. Non ci sono le tende indiane, ma hanno una scuola elementare, una chiesa, un tribunale, etc.. e gli indiani che vivono lì (circa 250 su una tribù di 650) vestono come occidentali e sono essenzialmente grassissimi. Ho chiesto il perchè e mi è stato spiegato che loro non sono fatti per mangiare quello che mangiamo noi. Loro erano abituati a mangiare granturco e quando l'uomo bianco è arrivato portando farina bianca e zucchero, non avevano il metabolismo adatto e ingrassano. Il fatto che poi non ci sia una evoluzione poichè si sposano all'interno della stessa tribù fa si che ingrassino a dismisura. Questa teoria può avere un senso, credo. Finalmente si arriva alle cascate Havasu (il nome della tribù) che sono di una bellezza mozzafiato. Le riproduzione di Gardaland o delle Caravelle :-) non è minimamente paragonabile. Dopo questa camminata per nulla impegnativa ma lunga, la rimozione delle scarpe nuove che mi creano ciocche grosse come fresbee, un paio di zaghe (nulla è più bello di un bel Marlborone dopo 5 ore di cammino). Montiamo tende e campo, e si cena. Dopo tanto parlare e si va a nanna.
Terzo giorno: colazion
e del campione a base di uova patate e salsiccia, di cui sono addetto alla preparazione, e si va alla cascata fare il bagno. acqua freeeeedda e ogni tanto vento che ti porta addosso acqua vaporizzata e gelata dalla cascata. Ma bello, troppo bello. Sulla destra della cascata ci sono piccole caverne e vado lì con le mie infradito. Ma siccome c'è fango dovuto all'argilla bagnata ho la brillante idea di levarmele e andare scalzo... sembra funzionare fino a quando inizia una dscesina in cui mi esibisco in un meraviglioso bowling richiando di buttare Moani giù dalla scarpata. Escoriazioni sul braccio e gamba destra, mi do del pirla da solo oltre essere deriso da circa 20 persone. Niente caverne. Mi ripulisco, e si pranza... ma giusto prima di pranzo, Matt, un 40enne con cui ho fatto subito amicizia mi fa: lo vuoi un pezzo di biscotto speciale con cioccolato bianco? Subito non afferro... ma quando il biscotto è in bocca e riconosco il gusto è ormai troppo tardi, già ingoiato... salterò l'escursione del pomeriggio perchè imparanoiato di cadere e farmi male. Passerò il pomeriggio storto a dormire in tenda, completamente rintronato. Voto 4. Verso sera mi riprendo ma ormai è troppo tardi.
Quarto giorno: decido di rifarmi dalla pessima prestazione del giorno prima e mi faccio promotore di un piccolo gruppo di eroi con volta verso il Colorado river. Questo sentierò è più impegnativo e lo si capisce già da subito, con una bella discesa in caverna e catene a cui afferrarsi. Il sentiero è facile e immerso nella natura selvaggia. Spesso il sentiero passa da una parte all'altra del fiume. Ci si toglie le scarpe, si guada e ci si rimette le scarpe. Dopo tre volte, decidiamo di sbattercene e passare il fiume con le scarpe, apparte una ragazza che si farà tutta la strada con le infradito, compresi passaggi più complicati di terzo grado che dopo le arrampicate con il B ixio faccio con stile. Ma lei ha fatto tutto con le infradito. Dopo 5 ore finalmente arriviamo al Colorado river, che come colore non ha nulla a che fare con il fiume affluente che abbiamo percorso. Pausa e pranzo leggero, bagno con scarpe e pantaloni senza rischiare di essere trascinati via dalla corrente chè è forte e si sente. Quella con le infradito mi fa: dici che me le devo mettere le scarpe? dopo averle fatto capire che è una belina, perchè se si faceva male scivolando con le infradito, il pirla sottoscritto si doveva fare 5 ore portandola o per chiamare soccorso, finalmente si mette le scarpe. Altre 5 ore di cammino per tornare indietro e si viene accolti da eroi dal resto del gruppo per avercela fatta. 10 ore in totale di cammino. Ormai le ciocche sono di dimensioni municipali. E se c'è una cosa che mi sta sulle palle a sto mondo è camminare che qui chiamano Hiking. Lo so, lo faccio da quando ho 8 anni, ma è una sfida costante con me stesso.
Quinto giorno: Si smonta il campo e si torna al villaggio, dove prenderemo l'elicottero per risalire. Prima volta per me in elicottero. 5 ore di nuovo di macchina verso Phoenix con piccolo tratto di strada nella mitica Route66. Il 5 maggio qui in america è il Cinco de Mayo, festa dell'indipendenza messicana, e ogni anno si celebra con feste e margarita a litri. Il viaggio è finito ma ci si incontra lo stesso il un bar a Scottsdale e si beve, si balla, e si ha proprio la sensazione di aver passato insieme giorni bellissimi. Mi ospiteranno Morgan e Moani per la notte.
Sesto giorno: Morgan e Moani mi
portano a Scottsdale una cittadina che ha una OldTown molto Far West. Si ride, si scherza a fare i Cowboy. Pranzo al Rusty Spur Saloon (lo sperone arrugginito), si gira ancora un po' per Phoenix, ma l'orario del mio volo si avvicina... e mi dispiace un sacco andarmene. Mi sono divertito molto e specialmente con Moani e Morgan ho instaurato un good feeling, chissà se le rivedrò...si, promesse di visite etc... ma questa è la vita di noi cowboy, mai guardarsi indietro, sulla strada verso il tramonto...




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